Durante il picco dell’epidemia di COVID-19 Antonio Gutierres, Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ha chiesto un cessate il fuoco globale al fine di concentrarsi sulla “vera battaglia delle nostre vite“. Tuttavia, in questo periodo di pandemia globale, dove gli sforzi di tutte le nazioni dovrebbero essere rivolti verso il settore sanitario, ogni giorno ben 5 miliardi di euro vengono destinati alle spese militari. Infatti, la spesa in armi continua a crescere: nel 2019, gli stati sono arrivati a spendere quasi duemila miliardi in armi.
In base ad uno studio condotto dal SIPRI, lo Stockholm International Peace Research Institute, il totale della spesa per il 2019 rappresenta un aumento del 3,6% rispetto al 2018 e la maggiore crescita annuale della spesa dal 2010. Secondo le analisi dell’Istituto, i cinque maggiori investitori nel 2019 sono stati Stati Uniti, Cina, India, Russia e Arabia Saudita, rappresentando il 62% della spesa. Riguardo all’Italia, tra i progetti presentati dal Governo italiano per accedere al Recovery Fund, figurano spese militari pari a quasi 30 miliardi.
Ma il problema delle armi non riguarda solo gli eserciti e le forze armate nel mondo. Uno studio condotto da Small Arms Survey, un progetto di ricerca del Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra che si occupa di studi sulle armi con sede in Svizzera, ha dimostrato che circa l’85 per cento delle armi da fuoco nel mondo appartiene a civili, ad impiegati in servizi di sicurezza privati, a gang criminali e a gruppi armati non regolari.
Ma cosa è stato fatto per ridurre il numero di armi nel mondo? Dopo le devastazioni causate dalla seconda guerra mondiale, le Nazioni Unite hanno iniziato un processo per favorire il disarmo progressivo, dando il via nel 1952 alla Commissione delle Nazioni Unite per il Disarmo (UNDC). Un importante strumento normativo è la “Dichiarazione sul diritto allo sviluppo“, adottata dalla risoluzione 41/128 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite 1986.
L’articolo 7 della Dichiarazione sul diritto allo sviluppo lo dice chiaramente: “Tutti gli Stati dovrebbero promuovere l’istituzione, il mantenimento e il rafforzamento della pace e della sicurezza internazionali e, a tal fine, dovrebbero fare del loro meglio per ottenere un disarmo generale e completo sotto un controllo internazionale efficace, nonché per garantire che le risorse liberate da misure di disarmo efficaci utilizzati per uno sviluppo globale, in particolare quello dei paesi in via di sviluppo”.
In sostanza, i soldi spesi per le armi devono essere convertiti verso la protezione sociale puntando al disarmo completo. Anche Papa Francesco, nelle due encicliche “Laudato Si” e “Fratelli Tutti” ha fatto più volte riferimento al tema del disarmo, in particolare auspicando un maggiore ruolo da parte delle strutture sovranazionali al fine di “realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace”.
In conclusione, nonostante i dati sopra citati in merito al numero delle armi e alle spese militari, sempre più si stanno rendendo conto che proprio un periodo come questo può costituire un’importante occasione per concentrarsi sul raggiungimento di una pace duratura tra le nazioni, poiché di fronte a questa pandemia siamo tutti uguali.
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