Sull’esperienza di Nadia Battilana in Sierra Leone

Nadia Battilana nel 2018 ha accompagnato Madou, Anna e Cristina in un viaggio di 12 giorni ad inizio gennaio 2018 in Sierra Leone, a Freetown. “Ho voluto accompagnare Madou nel suo viaggio non sapendo bene le mie aspettative e nemmeno cosa avrei potuto fare, Sono 7 anni che faccio il clown di corsia, svolgendo clownterapia negli ospedali, in questo viaggio avevo portato con me palloncini e pompa, per vivere questa animazione con i bambini sierraleonesi.” Furono 12 giorni intensi in cui Madou ebbe modo di  incontrare molte persone che si ricordavano di lei; Nadia rimase colpita dalla terra, dalla musica, fu senza dubbio un viaggio illuminante. “Quando sono tornata a casa ho poi fatto delle scelte importanti per la mia vita: ho cambiato lavoro e in me si è manifestata la volontà di tornare in Sierra Leone. Dopo un anno e mezzo ci sono tornata grazie alla disponibilità di Maria Teresa Nardello, anche se non ho alcuna professionalità specifica da mettere a disposizione. 

Nadia Battilana con i bambini a Lakka, nella periferia di Freetown, Sierra Leone.

Conoscevo Maria Teresa Nardello in quanto con Madou siamo state sue ospiti a Lakka, nella periferia di Freetown, dove lei opera da 15 anni curando vari progetti. Teresa ha vissuto con Padre Berton a St. Michael, dove vi era una struttura di accoglienza per bambini soldato ed orfani della guerra civile civile prima, e dell’Ebola poi. Teresa ha poi istituito una scuola chiamata St. Catherine School, comprendente asilo ed elementari, che lei stessa sovrintende presenziando ogni anno nei mesi da Ottobre a Maggio. Teresa è un’istituzione a Lakka poiché tutti la conoscono e hanno avuto modo di apprezzarne l’operato, questo è testimoniato dalla mole di persone che ogni giorno la salutano in giro per la strada.”

Nel proprio lavoro Teresa è affiancata da un team di ragazzi che lei ha fatto studiare e che ora sono divenuti professori e collaborano con lei in una nuova fondazione riguardante l’educazione per adulti. Questo poiché, in virtù della guerra e dell’epidemia di Ebola, intere generazioni (ora adulte) non hanno potuto studiare.  Non sanno né leggere né scrivere in lingua inglese, anche perché il Krio resta il dialetto principale in Sierra Leone nonostante l’inglese rimanga la lingua ufficiale per lavorare nel Paese.

Maria Teresa Nardello a Lakka, nella periferia di Freetown, Sierra Leone.

Nadia ci racconta che in Sierra Leone la maggior parte sono musulmani anche se vi sono molti cattolici, evangelici e testimoni di Geova. Inoltre, vi sono diverse chiese attive che svolgono svariati tipi di funzioni religiose, convivendo tra le diverse fedi senza problemi. 

La sanità non esiste, nonostante ci siano ospedali, medici e medicine, solitamente una persona non può permettersi di ammalarsi in quanto non c’è una giusta informazione, mancano le corrette terapie e spesso le persone muoiono senza che se ne capiscono le cause. “Questo succede spesso ahimè anche con i bambini, le vittime più indifese in queste situazioni di estrema indigenza” ci dice Nadia, la quale ha avuto modo di toccare con mano queste situazioni.

Nel proprio resoconto per UPD, Nadia cita inoltre il rito del Bondo. Questo rito consiste nel perpetrare la pratica dell’infibulazione nei confronti delle bambine: “tutti lo sanno e nessuno fa niente, è una cosa molto diffusa e radicata soprattutto nella comunità musulmana: lo si fa di notte tra canti e riti, le ragazzine vengono truccate con una crema bianca, spinte dalle famiglie dalle mamme e dalle zie le quali sono al corrente di cosa comporti.” Nadia conferma che talvolta nonostante le stesse famiglie optino per risparmiare tale pratica, accade che le ragazze stesse a 18 anni scelgano di farlo: “per loro è considerato come un entrare nella società ed essere quindi al pari delle altre donne.”

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