Nel 1948 nacque la nostra Costituzione, che fiorendo dalla consapevolezza e dall’accordo di più parti si fece spazio tra le ceneri della guerra.
Con essa, si professava l’abbandono delle armi come mezzo di risoluzione dei conflitti. Tuttavia, per tutti i cittadini maschi, rimaneva l’obbligo di difendere la Patria, data la presenza della leva obbligatoria.
Pietro Pinna fu il primo obbiettore di coscienza; fu il primo infatti a rifiutarsi di prestare giuramento e, per questo, fu costretto al carcere miliare. Non vi era alternativa: se non si voleva imparare ad usare il fucile si sarebbe finiti in prigione. La scelta di Pinna non fu isolata, poiché molti altri dopo di lui seguirono le sue orme. Obiezione dopo obiezione, la via della nonviolenza si rafforzava, anche in Italia, ma non senza incontrare difficoltà. «L’obbedienza – scrisse a tal riguardodon Milani- non è ormai più una virtù ma la più subdola delle tentazioni».
Nel 1972, venne votata la prima legge sull’obiezione di coscienza, la quale ottenne, però, pari dignità al servizio di leva solamente nel 1985. Prima d’allora per accedervi bisognava essere sottoposti al cosiddetto “tribunale della coscienza”.
L’obiezione di coscienza fu riconosciuta come diritto soggettivo nel 1998 e, oggigiorno, è stata sostituita dal Servizio Civile, accessibile a tutti i cittadini italiani, uomini e donne tra i 18 e i 28 anni.
Oggi per me è stato facile avere la possibilità di candidarmi per accedere al Servizio Civile. Tutto questo, però, solo grazie alle lotte di chi prima di me ha fermamente creduto nella nonviolenza e nel fatto che la pace sia raggiungibile solo grazie ad una cittadinanza attiva e solidale.
Io sono Francesca, ho 22 anni e per un anno presterò servizio presso l’associazione “Una Proposta Diversa”. Ciò che maggiormente mi ha spinta a candidarmi per questo progetto è stato il desiderio di impegnarmi, dopo la laurea, in questa associazione che per prima mi aprì al mondo senza spostarmi di casa, grazie alle sue molte iniziative. L’azione di Upd è rivolta all’umanità, soprattutto a quell’umanità sofferente e apparentemente lontana.
Nonostante sia necessario, ed essenziale, per l’uomo viaggiare è altresì molto importante, per lui, porre attenzione a ciò che ogni giorno gli si pone accanto. Non si può pensare di poter cambiare il mondo se non si inizia a vivere consapevolmente. Per sognare la pace dobbiamo credere nella nonviolenza quotidiana, nei piccoli atti di gentilezza e di accortezza con cui possiamo disseminare il nostro cammino. L’interesse per tutto ciò che ci circonda è il miglior modo con cui continuare a stimolare la nostra speranza in un futuro migliore.
Tutto ciò è per me un atto di obiezione, rispetto al normale disinteresse. Per questo, mi piace vedere il mio servizio civile come, ancora, un’obiezione di coscienza.
Un’obiezione alla normale indifferenza verso il prossimo.
Un’obiezione dinanzi al percorso che ci si aspetta solitamente dai giovani.
Un’obiezione all’egoismo e all’individualismo che prosperano fecondi in questo nostro tempo.
Il Servizio Civile storicamente è visto come un modo alternativo di difendere la Patria. Ora, nonostante i nostri tempi abbiano confuso enormemente il termine “Patria”, io voglio crederci ancora, ma in modo nuovo. Credo in una difesa nonviolenta basata sull’attivismo e sull’interesse. Credo nel dire che difendere significhi, oggigiorno, in primis impegnarsi.
Tutto ciò senza considerare la guerra e l’ausilio di armi, considerando invece come fondamentale il ritorno alla concretezza della Persona, qualunque e ovunque essa sia. Bisogna essere fedeli agli occhi di ogni individuo che ci si pone accanto.
È solo attraverso un impegno concreto e costante che potremo abitare nella nostra nuova Patria. Senza confini ed esclusioni.
Francesca Cassaro
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