NAZIEUROPA – UNO SPETTACOLO DI E CON BEPPE CASALES.
Tagliente, tenera, luminosa. Così Beppe Casales, autore, attore e storyteller padovano, definisce la sua NAZIEUROPA, andata in scena venerdì 18 gennaio 2019 presso la Sala Emmaus del Patronato Pio X di Cittadella: raggiungendo il sold out anche nella seconda tappa del tour 2019.
Nato in soli quattro mesi, subito dopo “Welcome”, NAZIEUROPA è rabbia incanalata nella non violenza. Un viaggio mirato alla consapevolezza di chi siamo e di chi ci circonda, svolto con criticità e cognizione di causa, attraverso la Germania degli Anni Trenta sino all’Europa di oggi; Casales e sua figlia – non ancora nata, a cui scrive una lettera – mano nella mano pellegrini nel tempo. Così come l’ha idealizzata, la figlia compare nell’impattante locandina ideata dall’amica e disegnatrice Jessica Borroni, dove il giallo e il blu rievocano i colori della bandiera europea che ora, incombente e minacciosa, fissa una tenera bimba vestita di giallo che ricambia lo sguardo, per nulla intimorita. Forte e impavida se la immagina l’attore! Che dire, tale padre, tale figlia.
Nell’incapacità di comprendere realmente cosa ci accade intorno, con NAZIEUROPA Casales propone di percorrere un binario diverso da quello inflitto dall’indifferenza e indolenza generale. Fornisce alcuni spunti per acquisire un nuovo punto di vista; attraverso parole, video, immagini, interviste, ma anche tramite domande provocatorie, come: “cosa ce ne siamo fatti dei neuroni?”, “di chi è veramente la colpa?”, “chissà se la vita è tutta qui?”.
Ma il vero fulcro introspettivo che ci propone l’attore è: a cosa ci porterà tutto questo?
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Com’è nata NAZIEUROPA?
Da tempo non sentivo più parlare di rabbia, che non è un sentimento brutto se non sfocia nella violenza. NAZIEUROPA è il secondo tempo di un altro mio spettacolo, Welcome, che parla delle migrazioni umane. Ma avevo ancora qualcosa da dire, e sono contento perché ho scritto qualcosa di attuale. Così è nata NAZIEUROPA in soli 4 mesi di lavoro, la metà del tempo che ci impiego di solito.
Chi è Beppe Casales?
Al liceo vedevo i miei compagni di classe partecipare ad un corso di recitazione teatrale e si divertivano un sacco! Non volevo essere da meno così ho iniziato e non ho più smesso. Mi piace molto anche scrivere, tanto quanto lo stare in scena. È una cosa a cui tengo particolarmente. Ho scritto anche per altri artisti! Ma non mi definisco un regista.
Come mai la scelta di un monologo dove ci sei solo tu sul palco?
“Il Vajont” di Paolini mi ha ispirato. Mi sono chiesto “una sola persona può farmi vedere tutto questo?”. È come se proiettassi nella mente delle persone il film che voglio fargli vedere io. E questo mi piace. Inoltre da soli o con altri artisti, la riuscita di un buon spettacolo non cambia. Anche se mi piacerebbe lavorare insieme ad altri attori sul palco, o musicisti come ho già fatto.
Mi incuriosisce il carattere delle canzoni che hai inserito nello spettacolo. Perché la scelta di sfiorare diversi generi musicali?
Nazieuropa per come l’ho pensato e scritto, sta su un tempo, e stare sul tempo ha un carattere espressivo molto efficace. Quello che dico lo abbino ad un tempo preciso, come una poesia. Perciò non sono canzoni ma potrebbero esserlo.
“Il sangue se c’è non lo vedi, le bastonate le dai sulla tastiera”: è una metafora interessante, me la spieghi?
Non tutti scrivono insulti su Facebook o Twitter, si sopravvaluta il fenomeno, però fanno rumore. Le bastonate sono rivolte a persone di cui non si prevede la presenza fisica. Le persone sfogano la loro rabbia ma non sanno sostenere le loro tesi argomentandole. È dilagante l’incapacità di entrare in relazione con un concetto, le persone non capiscono cos’hanno davanti perché non hanno gli strumenti per farlo ed è un problema non capire cosa succede intorno a sé.
Con questo spettacolo speri di portare un po’ di conoscenza in merito alla tematica?
Quello che faccio è pormi delle domande, e se trovo delle risposte metterle in scena. Se le persone entrano in connessione con la mia emotività e il mio percorso intellettuale mi fa molto piacere! E questo eventualmente può spostare il loro pensiero o il loro stare al mondo ma non faccio questa cosa per convincere nessuno. Le cose le misuro su di me.
In una precedente intervista sostieni che “il razzismo è più forte dove ci sono meno immigrati”: mi spieghi questa affermazione?
Questa è la frase di uno studio recentemente fatto di cui ho letto un articolo. Sembra paradossale ma è proprio così: dove non c’è conoscenza c’è paura di una cosa che non conosci. Nelle grandi città tutte le persone, immigrati compresi, vengono percepiti come persone che vivono in quella città. Fa strano non vedere stranieri. Di conseguenza non vederli mai nelle realtà più piccole fa strano lo stesso. È solo questione di abitudine.
NAZIEUROPA conta 22 spettacoli nel 2018 e 21 nel 2019 non solo nei teatri italiani ma anche in altri Paesi europei. Ti aspettavi una risonanza simile?
Non sapevo se il titolo avrebbe spaventato, ma evidentemente no! Speravo in una risonanza come quella raggiunta. Ci stiamo avvicinando ad un periodo molto delicato, le elezioni europee di maggio quindi spero che le persone possano vederlo il più possibile per dire NO a quello con cui non sono d’accordo e iniziare a parlare veramente delle cose.
Cosa ti auguri per questo 2019 sotto l’aspetto sociale?
Spero che le persone riprendano in mano la loro vita, di rilassarsi di più, di passeggiare di più, di fare di più l’amore. Spero ci sia un’impennata di consapevolezza, e la consapevolezza passa sempre da un viaggio qualsiasi esso sia.
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NAZIEUROPA di Beppe Casales stravolge l’idea canonica di “teatro”.
Uno spettacolo da recepire con piena apertura mentale: non è avido di linguaggio popolare e colorito, non dà risposte e nemmeno analizza i fatti storici come ci si potrebbe aspettare; più che le cause, sviscera gli effetti.
Casales ha una personale concezione di arte e di coinvolgimento che in questo spettacolo sembrano ben indirizzati al pubblico dei più giovani, gli uomini e le donne del nostro domani. L’Emmaus, gremita di Giovanissimi del Cittadellese, rimasti colpiti dalla rappresentazione che hanno definito “concreta e attuale”, nonché “incisiva”. Impossibile non portarsi a casa qualcosa da questa serata, che ha visto coinvolte persone di tutte le età.
Lo vediamo ballare sul palco spensierato, volutamente ironico, sarcastico e pungente; il tutto mentre dal proiettore lancia immagini di svastiche e tedeschi orgogliosi. Casales, indifferente alla vergogna che spesso blocca le persone, ha la sfacciataggine di osare con parole e azioni, facendosi gioco della situazione – già di per sé drammatica – lasciando trapelare un’apparente ignoranza e meschinità, dietro la quale si cela il reale comportamento di chi per decenni e anni ha indossato gli abiti dell’indifferenza.
Casales si spoglia della veste di attore e senza filtri ricorda, a se stesso e agli altri, che per diritto si può decidere: dove andare, dove vivere, su cosa essere d’accordo o in disaccordo; vorrebbe poter garantire a tutti la stessa opportunità: siamo tutti fratelli e sorelle e dobbiamo prestare particolare attenzione e cura al “sangue del nostro sangue”.
“In una società al ribasso fa che non sia il più basso”: ormai siamo abituati a giustificare il pensiero egoistico come atteggiamento di difesa, ma Casales ci invita a scrutare dentro di noi per far emergere un po’ di umanità. Quando si fa leva sui sentimenti e ci si trova a fare i conti con la coscienza che ci condanna, fa quasi rabbia. Ma Beppe ci insegna che da tutta questa rabbia può nascere una lettera ad una bimba, indice che poi così cattivi non sappiamo essere: una lettera che parla d’amore, che non si può fermare.
di Naomi Palmieri
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