Per bambini soldato si intendono i minori di 18 anni reclutati nell’esercito. La definizione comprende: le ragazze arruolate per fini sessuali; i ragazzi assoldati anche per attività di supporto come cuochi o spie. Quello di cui stiamo parlando è considerato un crimine contro l’umanità, un agghiacciante susseguirsi di violazioni dei diritti dei minori.
Ciò che porta i “signori della guerra” a prediligere i bambini poveri, senza famiglia e senza identità, è un lento e progressivo mutamento della guerra intesa come tale: non si sferrano più attacchi militari verso altre milizie armate ma verso i civili, la parte più indifesa e debole di un conflitto. Impari e moralmente scorretta, questa pratica segue una filosofia ben precisa: colpirne uno per educarne cento. È ciò che succede anche in Sierra Leone durante la guerra civile. Facilmente indottrinabili e vulnerabili, i piccoli vengono resi delle spietate macchine da guerra.
È doveroso dire che molto spesso sono le famiglie a vendere i piccoli all’esercito per assicurarsi un minimo reddito che possa garantirgli la sopravvivenza, ad indicare fino a che punto può spingere la disperazione. In altri casi, invece, l’arruolamento è volontario perché per i bambini stare con dei coetanei armati è indice di protezione.
Se dal canto loro subentra un sano senso di appartenenza ad una comunità che diventa una famiglia, dall’altra parte non c’è la stessa tenerezza e ingenuità. Per i ribelli del RUF i bambini sono solo “carne da cannoni”. I fanciulli sono facilmente rimpiazzabili, non abbandonano l’esercito perché non hanno posto dove andare, sono ubbidienti e a basso costo ma potenzialmente letali, come le armi che imbracciano.
Si tratta di fucili che il RUF ottiene scambiando diamanti con la Liberia. Dato il loro basso contenuto tecnologico i bambini posso smontarli e ripararli con facilità. Solo chi ne imbraccia uno ha diritto a mangiare e a ricevere protezione.
A tormentare questi bambini non c’è solo la coscienza, ma anche la superstizione dato l’ambiente in cui sono cresciuti. L’idea che lo spirito della persona assassinata possa chiedergli conto della sua anima, tormenta il bambino al punto da provocargli incubi e ansia.
Per lo stesso motivo la famiglia rigetta il figlio per paura di accattivarsi le ire dell’anima del defunto.
Dato ciò, ecco la situazione generale a cui bisogna far fronte: bambini con gravi problemi di salute fisica e mentale; ragazze violentate che non riescono più a crearsi una vita e finiscono per strada. È doveroso e prioritario curare i traumi post-bellici, senza questa azione si dà il via ad una generazione di delinquenti. Come già citato in altri articoli, il nucleo familiare costituisce la base su cui far poggiare la cura dell’ex combattente. A questa si affianca un’educazione scolastica a carattere preventivo: far capire quanto e come la diversità arricchisce e fa crescere mediante un approccio non conflittuale. Al percorso formativo ne consegue l’acquisizione di una nuova identità sociale, nuove consapevolezze e nuove competenze che favoriscono l’integrazione sociale.
In questo clima UPD si impegna a garantire il fondamento su cui si basa l’ambizione di un grande progetto a lungo termine. A Lakka le scuole materne ed elementari accolgono più di 300 bambini i quali necessitano di assistenza medica e materiale scolastico. Ecco perché UPD chiede anche l’aiuto della comunità, per fare in modo che sempre di più l’obiettivo si realizzi.
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